Qualche anno fa, per motivi di lavoro, dopo una breve ricerca, mi è capitato di prenotare online un pernottamento in un hotel di media categoria ad una tariffa oggettivamente molto bassa e per niente in linea neanche con quelle solitamente praticate durante periodi di scarsa domanda.
A quel punto, quasi sicuro di un refuso nell’inserimento delle cifre, ma con un piccolo dubbio sulla validità stessa della prenotazione, chiamai subito l’hotel per accertarmi che tutto fosse andato a buon fine spinto anche dalla curiosità di ciò che mi avrebbero raccontato riguardo l’assurda tariffa applicata.
A farla breve, la receptionist non era ancora a conoscenza di quanto accaduto, ma ammise l’errore del reparto booking. Dopo qualche minuto mi richiamarono dicendomi che la vendita era ormai conclusa e non c’era nessun problema a mantenere la tariffa prenotata. Apprezzai il gesto ma, conoscendo bene le conseguenze di un simile errore, cancellai spontaneamente la prenotazione iniziale per riformularne una nuova con l’addetta al booking che con riguardo mi applicò delle condizioni particolarmente vantaggiose ma in ogni caso plausibili. In sostanza avevo avuto la percezione di un valore dietro una sterile tariffa di vendita.
Sebbene non avrò mai la certezza che si trattò di un errore di battitura, mi capita di vedere tariffe che definirei assurde e che sono volutamente distribuite nei canali online, quindi alla portata di tutti indistintamente invece di essere perlomeno dedicate ad un particolare segmento.
Si è diffuso purtroppo un concetto secondo il quale un prezzo oggettivamente basso deve coprire almeno i costi variabili (quei costi che si sostengono nel momento in cui si eroga il servizio) più un qualcosa (solitamente quantificato con 1 €) che contribuisce, nel suo piccolo, alla copertura dei costi fissi (quei costi che si sostengono in ogni caso indipendentemente dalla quantità di camere vendute).
Un atteggiamento caratteristico che ritroviamo in coloro che adottano la tattica di vendere sempre a meno dei propri competitor innescando così un circolo vizioso ed inevitabilmente esiziale.
Questo scenario è comunque accademicamente valido, infatti è utilizzato spesso in ambito formativo come caso estremo al fine di far comprendere i concetti base del pricing e allenando la mente ad un approccio dinamico per scongiurare un altro fenomeno altrettanto distruttivo: la staticità tariffaria, che non prevede nessuna inflessione e che quindi non si adegua per niente alla domanda.
Un Revenue Manager competente sa che ogni potenziale ospite attribuisce un valore ai servizi che stiamo cercando di vendere e che abbiamo quantificato a priori con una tariffa, la quale può essere dinamicamente ben calibrata e quindi resa capace di intercettare al meglio la domanda in virtù del fatto che nel mondo alberghiero essa si manifesta tipicamente in tempi diversi.

In altre parole, una corretta strategia di pricing evita di perdere potenziali ricavi sia nel caso in cui la tariffa è inferiore a quanto un potenziale ospite sarebbe disposto a spendere (e che quindi attribuisce un valore superiore), sia nel caso in cui la tariffa è superiore alla propensione a pagarla (attribuzione di un valore inferiore).
L’optimum sarebbe arrivare a determinare un prezzo per ogni cliente (cosiddetto one-to-one pricing), un traguardo certamente utopistico e che semmai fosse realizzabile rappresenterebbe una voce di costo molto elevata da renderlo economicamente non conveniente.
Ma ciò non toglie che si possa arrivare a canaltaronja.cat comprendere le caratteristiche dei clienti e la loro willingness-to-pay con risultati assolutamente soddisfacenti e con costi contenuti.
Non ragionando in questa direzione si perde in partenza, senza neanche aver giocato la partita.
Rocco Mauro