
SIAMO CAMBIATI DALLE IMMAGINI
Occuparsi di grafica significa occuparsi di parole, di idee, ma soprattutto di immagini: o, meglio, di parole e idee attraverso le immagini. In questo senso, il grafico è una specie di interprete che fa comprendere a B ciò che A vuole dire.
Quindi l’immagine pubblicitaria deve essere immediata, comprensibile, e soprattutto dire poche cose alla volta, proprio come quando si traduce un discorso alla zia che non mastica l’inglese.
A differenza della traduzione, però, nella comunicazione pubblicitaria la correttezza del messaggio è necessaria ma non sufficiente: la grafica deve incuriosire, stupire, attrarre. La grafica è seduzione, etimologicamente deve “portare a sé”, catturare l’attenzione, per poi poter dire e argomentare. Come? Qui, in un lavoro che sembra tutto sommato frivolo, entra in gioco la responsabilità etica, perché ogni grafico ha la possibilità di usare diversi registri di comunicazione e di escluderne altri. Per quanto mi riguarda, la seduzione deve essere di testa, e non solo per una scelta personale e caratteriale.

Il bombardamento di immagini dovuto alla social-esplosione ci ha resi progressivamente sempre più insensibili alla grazia e alla giusta misura e sempre più assuefatti al corrispettivo visuale delle grida da mercato, tanto che sembra per farsi sentire la tentazione è quella di urlare più forte, con il risultato di un baccano epocale. E se invece la strada fosse parlare con il giusto tono e, addirittura, tornare a usare la rara dote del silenzio?
Che cos’è il tono, che cos’è silenzio per un immagine?
E’ lo spazio, è la giusta proporzione tra figura e parole, è usare immagini eleganti, colte, scegliere le parole con cura tenendo sempre a mente che, se è vero che va usato un tono diverso per ogni destinatario, è altrettanto vero che qualsiasi tono parlerà di noi, quindi scegliamolo bene. Esagerare non è automaticamente vincere: e anche l’esagerazione, in ogni caso, deve essere ponderata e mai fine a se stessa.
Siamo cambiati dalle immagini: ognuno di noi viene letteralmente attraversato da fotografie, illustrazioni, cartelloni, campagne: sono un mezzo potente che può influenzare e plasmare il nostro sguardo e quello delle nuove generazioni. Questa responsabilità ce l’aspettiamo più dagli artisti che dai grafici, che per professione “vendono” le loro idee e quindi sono tenuti a rispettare la volontà del committente. Eppure c’è differenza tra il fare una brochure brutta o bella (chi usa più questi termini ormai?). Non tanto e non solo per il cliente (che magari la brochure la voleva “brutta” perché – a volte è vero! – avrebbe venduto di più), ma soprattutto per il piccolo cambiamento che, goccia nel fiume dei piccoli atti senza nome e senza gloria e senza lodi, quella brochure con la sua bellezza ha portato nel mondo, capitando nelle mani di chi, per un attimo, si è fermato a guardare e pensare. Siamo cambiati dalle immagini, cambiamo con le immagini, facciamo cambiare con le immagini. Ai clienti darei oggi questo consiglio: se vedete che tutti intorno urlano, non abbiate paura di bisbigliare. A volte è il modo migliore per farsi sentire.
Erika Bacchiega